I centri hotspot, come le altre tipologie di centri di accoglienza, devono essere dotati di regolamento accessibile a quanti transitano per queste strutture.
Nel caso dei centri hotspot, data la vastità, rilevanza ed eterogeneità delle procedure che vi vengono svolte, e data l’assenza di chiara disciplina giuridica, tali regolamenti assumono un’importanza fondamentale. Occorre inoltre chiarire che tali regolamenti rappresentano spesso l’unica fonte dalla quale i cittadini stranieri e, a volte, gli stessi operatori, attingono per avere informazioni circa i diritti e i doveri all’interno di questi centri.
ASGI, nell’ambito del progetto In Limine, per tali motivi ha deciso di analizzare i contenuti dei regolamenti che disciplinano la vita interna ai singoli centri hotspot, presentando una serie di accessi civici generalizzati.
Dalla lettura dei regolamenti emergono informazioni contraddittorie e in parte incompatibili con la normativa vigente. Appare estremamente significativo che, attraverso regolamenti adottati dagli enti gestori dei centri, si stabiliscano limitazioni alla libertà personale dei migranti non contemplate nella normativa: tutti i regolamenti prevedono infatti che i cittadini stranieri non possano lasciare la struttura se non al termine delle operazioni di identificazione e dietro autorizzazione delle forze di polizia o, in alcuni casi, addirittura degli operatori del centro.
I diritti e i doveri degli ospiti sono contenuti in elenchi spesso paradossali: se da un lato alcuni centri prevedano arbitrariamente un tempo massimo di accoglienza di 72 ore, dall’altro nei medesimi centri i cittadini stranieri hanno il dovere di “partecipare alle attività formative e ricreative promosse dal gestore”.
Un altro elemento interessante riguarda il linguaggio che caratterizza tali documenti: in diverse parti si leggono prescrizioni relative alla gestione della propria sfera personale, quale l’abbigliamento da tenere e la cura dell’igiene (ad esempio, gli ospiti vengono invitati a “curare la propria igiene personale”, a “non girare in asciugamano” e a “chiudere accuratamente i rubinetti e gli interruttori elettrici”).
La lettura crititca di questi documenti è un esercizio utile per gli operatori del diritto e per chi si occupa a vario titolo di immigrazione e accoglienza, poiché rappresentano uno spaccato del rapporto che la pubblica amministrazione instaura con i cittadini stranieri. A tal fine si segnala l’articolo pubblicato alcuni mesi fa su Questione Giustizia inerente a questi temi: http://questionegiustizia.it/articolo/vietato-girare-in-asciugamano-i-regolamenti-interni-degli-hotspot-tra-illegittimita-e-retoriche-discriminanti_24-06-2019.php.
A seguire i testi dei regolamenti dei centri hotspot di Messina, Pozzallo (dei due enti gestori che si sono avvicendati nel corso degli ultimi due anni), Taranto, Trapani (centro hotspot fino all’ottobre del 2018). Il centro hotspot di Lampedusa non si è dotato di un regolamento e la gestione si basa sulle indicazioni fornite dal Prefetto all’ente gestore.