Primi appunti da una ricerca collettiva tra Grecia e Italia
di Francesco Ferri
Samos, estate 2019. La distesa di insediamenti informali, costruiti accanto al locale hotspot e abitati da alcune migliaia di cittadini stranieri, segnala plasticamente quanto la cd. “crisi dei rifugiati” sia lontana dall’essere archiviata. Nonostante la scarsa visibilità sui media mainstream, il paese ellenico è tutt’ora attraversato da importanti flussi migratori. La scarsa rappresentazione mediatica, inoltre, ha un taglio umanitario: i temi che hanno a che fare con il diritto e con le sue violazioni sono marginalizzati.
Tali ragioni hanno indotto la scuola per operatori legali ASGI e l’Associazione Spazi Circolari a organizzare, con il supporto del progetto In limine, un’attività di ricerca collettiva in Grecia. Le trasformazioni nella normativa e nelle prassi e la condizione dei cittadini stranieri bloccati sulle isole o nel territorio continentale ci interrogano come operatori del diritto: con queste lenti abbiamo deciso di ritornare in Grecia e dare continuità alle precedenti ricerche.
In aggiunta, alla luce dell’attenzione sviluppata da ASGI sul funzionamento degli hotspot italiani, l’attività di monitoraggio in Grecia è caratterizzata da uno specifico approccio comparatistico. Una domanda di fondo, infatti, ha accompagnato lo svolgimento della ricerca e orienta questa fase di organizzazione degli appunti, che finiranno, come già accaduto a margine dei precedenti viaggi, in un report collettivo: sono preponderanti le affinità o le divergenze nello sviluppo dell’approccio hotspot in Italia e in Grecia? Quali gli obiettivi comuni perseguiti?
La risposta a questa domanda è tutt’altro che lineare e per un confronto dettagliato e puntuale tra l’Italia e la Grecia e le rispettive normative e prassi si rimanda al report che sarà pronto per il mese di ottobre. Nel frattempo, le brevi note che seguono puntano a mettere a fuoco alcuni temi di carattere generale suggeriti dalla ricerca sul campo.
Sull’importanza di pensare l’hotspot come un dispositivo
C’è un metodo che caratterizza le progettualità dell’ASGI sviluppate nell’ultimo periodo. La scuola di alta formazione, ormai arrivata alla quinta edizione, i progetti In Limine, Sciabaca e Oruka, il lavoro di monitoraggio delle prassi attuate alle frontiere interne dell’Unione, sono permeati da un approccio transdisciplinare. Il diritto, infatti, appare uno strumento necessario ma non sufficiente: per comprendere a pieno le trasformazioni in corso nella fluida realtà che abitiamo, appare necessario utilizzare, accanto agli strumenti strettamente giuridici, linguaggi e saperi che abbiano a che fare con l’antropologia, la sociologia, l’etnopsichiatria.
Lo studio degli hotspot ben testimonia quanto le sole categorie giuridiche non bastino per comprendere quello che osserviamo. Le prassi applicate concretamente, infatti, eccedono continuamente quanto previsto dalla normativa, in una direzione complessivamente peggiorativa. Due sono i temi che rendono particolarmente visibile questa eccedenza: i processi di selezione informale e le pratiche di trattenimento extralegali. Come si avrà modo di dettagliare nel report che sarà pubblicato, le differenze tra i due paesi, per quanto riguarda questi due profili, sono significative e, peraltro, sia in Grecia sia in Italia le prassi applicate per far fronte alle esigenze politiche di selezione e contenimento dei flussi migratori sono in costante mutazione.
Non di meno, la differenziazione tra cd. migranti economici e richiedenti asilo e il governo della mobilità attraverso il contenimento coatto continuano a rappresentare i due punti focali intorno ai quali l’approccio hotspot continua a essere dispiegato nei due paesi mediterranei.
Da questa prospettiva, l’hotspot è – a tutti gli effetti – un dispositivo. Pensiamo sia politicamente e giuridicamente fecondo definire l’approccio hotspot in questi termini.
Appare utile richiamare le parole con le quali Foucault definisce il dispositivo:
“Ciò che io cerco di individuare con questo nome è, innanzi tutto, un insieme assolutamente eterogeneo che implica discorsi, istituzioni, strutture architettoniche, decisioni regolative, leggi, misure amministrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, morali e filantropiche, in breve: tanto il detto che del non-detto, ecco gli elementi del dispositivo. Il dispositivo è la rete che si stabilisce tra questi elementi”. (Foucault, Dits et ècrits, vol. III, pp. 299-300).
I centri definiti come hotspot nei due paesi sembrano essere il prodotto dell’intreccio tra gli elementi presentati da Foucault. A titolo di esempio, si segnala che tanto in Italia quanto in Grecia il non-detto e le retoriche che accompagnano l’opinione diffusa circa alcuni gruppi nazionali – ad es. i cittadini dei paesi del Maghreb – orientano il comportamento delle autorità di polizia e la loro esclusione arbitraria dalle misure dell’asilo al di fuori di ogni previsione di legge. E ancora, le misure amministrative e le decisioni regolative definiscono regimi di trattenimento al di là della normativa vigente.
Scomporre e analizzare i discorsi utilizzati per descrivere gli hotspot per valutare se e in che termini le parole orientino le prassi è, anche per le finalità comparatistiche, un esercizio irrinunciabile. Un approccio di questo tipo guiderà la preparazione del report.
Sempre Foucault riferisce che:
“col termine dispositivo, intendo una specie di formazione che in un certo momento storico ha avuto la funzione essenziale di rispondere a un’urgenza. Il dispositivo ha dunque una funzione eminentemente strategica”. (Foucault, ibidem)
Qui è situata la seconda ragione per cui è importante pensare agli hotspot come a un dispositivo. Accanto all’analisi puntuale di tutti gli elementi che compongono un hotspot– persone, retoriche, oggetti, prassi amministrative – è necessario riflettere sulla loro funzione strategica complessiva. È necessario un doppio movimento: è indispensabile avvicinarsi e attraversare l’approccio hotspot per osservare, fin nel dettaglio, tutto ciò che lo compone. Successivamente è opportuno guardare il dispositivo dall’alto e valutare, nel complesso, quale possa essere la sua funzione strategica concreta nell’attuale articolazione dei regimi di frontiera. Con queste lenti il contenimento del movimento dei migranti e la selezione per categorie sembrano porre in continuità il funzionamento degli hotspot in Grecia e in Italia.
La geografia conta, la politica è determinante
Sempre con riferimento al metodo applicato nelle ricerche sul campo in tema di hotspot, un’altra circostanza appare cruciale. Gli aspetti che attengono alla geografia, con riferimento al ruolo assunto in questa fase da Grecia e Italia, sono evidentemente centrali. I due paesi, infatti, sono posti sulla linea di frontiera dell’Europa meridionale e orientale. In aggiunta, attraversiamo una fase nella quale è necessario osservare tutto il Mediterraneo allargato nel suo insieme per comprendere la portata delle sfide in corso.
È necessario, quindi, sempre da un punto di vista spaziale, per comprendere quello che accade in Italia e in Grecia, osservare quanto accade per lo meno in altri contesti, ad esempio in Libia – e nei territori limitrofi – e in Turchia. È necessario, in altri termini, evitare il rischio di analizzare il funzionamento degli hotspot slegato dallo scenario circostante e di considerare la drastica riduzione degli arrivi in Europa come un elemento dato. Viceversa, l’analisi giuridica e politica del contenimento dei flussi nei cd. paesi di transito, attuato anche con il sostegno finanziario e logistico dei paesi e delle istituzioni europee, restituisce l’idea di quanto gli hotspot si iscrivano in una strategia di contenimento e selezione che ha una dimensione compiutamente euromediterranea. Per questa ragione nell’ambito delle ricerche sul campo in tema di hotspot e nella preparazione del report sarà allargato lo sguardo all’imprescindibile tema della cd. esternalizzazione della frontiera.
Se la geografia ha evidentemente un peso – sia con riferimento alla posizione dell’Italia e della Grecia nello scenario mediterraneo sia in relazione al ruolo dei paesi di transito e contenimento -, è indispensabile evitare di ritenere che il ruolo assunto dai due paesi sia ineluttabile. Viceversa, lungi dall’essere il prodotto di scelte meramente tecnocratiche, i governi dei due paesi hanno assunto, con la supervisione delle istituzioni europee, scelte dal carattere squisitamente politico.
Da questa prospettiva, la lettura dei report precedenti sulla Grecia, di quanto scritto negli ultimi anni sugli hotspot italiani e la lettura del report di prossima pubblicazione rappresentano un efficace antidoto contro la deresponsabilizzazione dei paesi di frontiera. La descrizione puntuale del funzionamento degli hotspot – con specifica attenzione agli aspetti normativi e alle prassi applicate, in continua trasformazione – restituisce puntualmente quanto questo dispositivo sia il prodotto delle scelte politiche degli attori coinvolti.
Per uno studio sociale del diritto
In ultimo, l’immagine dalla quale siamo partiti – gli insediamenti formali che si sviluppano immediatamente accanto all’hotspot di Samos e lo avvolgono – sembra essere la puntuale metafora del rapporto tra normativa e prassi all’interno del dispositivo hotspot. Accanto alla normativa codificata – peraltro, soprattutto con riferimento all’Italia, piuttosto scarna – si sviluppa un reticolo di prassi informali visibili e accettate da tutti gli attori. Tra la prima – la legge – e le seconde – le prassi – non c’è soluzione di continuità, così come le baracche informali e l’hotspot si sviluppano contigue, sullo stesso territorio.
È questa l’immagine che abbiamo in mente mentre organizziamo gli appunti collettivi per restituire la ricchezza di un’esperienza di ricerca che ha coinvolto oltre cinquanta persone e attraversato cinque territori diversi, da Atene alle isole dell’Egeo, dalla frontiera terrestre con la Turchia ai porti adriatici.
Lo diciamo a noi stessi e a tutti gli operatori del diritto che hanno a cuore una puntuale rappresentazione della realtà: è imprescindibile leggere e analizzare il diritto nella sua dimensione sociale. Il diritto applicato ai cittadini stranieri è un campo di tensione incessantemente attraversato da prassi che eccedono la normativa vigente.
Se il Mediterraneo – sponda sud e sponda nord – è il luogo in cui questa eccedenza va in scena, per agire giuridicamente e politicamente a tutela dei cittadini stranieri è indispensabile definire correttamente quali sono le singole componenti e quali le funzioni strategiche che caratterizzano l’attuale funzionamento del dispositivo.