Il Tribunale Amministrativo per il Lazio con le sentenze 11159/2021 e 12005/2021 ha accolto i ricorsi presentati da due cittadini trattenuti al fine di avere accesso alla documentazione relativa alle procedure di identificazione intercorse tra la Questura ed il Consolato tunisino.
La vicenda prende le mosse dal caso di due cittadini tunisini dichiaratisi minorenni allo sbarco ma fotosegnalati come maggiorenni e quindi trattenuti presso il CPR di Ponte Galeria dopo un accertamento anagrafico condotto con modalità illegittime[1].
Nel corso del trattenimento, l’ufficio Immigrazione della Questura di Roma attiva le procedure di identificazione con il Consolato Tunisino di modo da procedere al rimpatrio. Nel corso del trattenimento la Questura di Roma trasmette ai difensori la risposta del Consolato nella quale si confermano le generalità attribuite dalla Questura.
Ci si è chiesto pertanto su quali basi – fattuali o documentali – il Consolato della Tunisia abbia effettuato l’identificazione, considerato che il personale tunisino non ha mai incontrato personalmente i trattenuti, non ha mai svolto un incontro neppure telefonico, non ha visionato la documentazione in possesso dei ricorrenti e non ha rilasciato documentazione di identità ufficiale.
Dalla identificazione effettuata dal Consolato, i due ricorrenti risultano essere entrambi maggiorenni.
Per questa ragione è stata presentata richiesta di accesso agli atti ai sensi dell’art. 22 e ss. 241/90 alla Questura di Roma volta ad ottenere copia della richiesta inviata dall’ Ufficio Immigrazione al Consolato Tunisino.
Pertanto, è fondamentale accedere alla documentazione inviata dalla Questura al Consolato perché l’Ufficio Immigrazione dovrebbe aver fornito gli elementi – di fatto o documentali – tali da aver permesso al consolato di effettuare l’identificazione, senza mai incontrare il cittadino straniero e quindi in assenza di qualsiasi altro riscontro.
Al contrario, in caso di mancata completa identificazioni o nel caso di errori i ricorrenti (di cui uno rimpatriato) avrebbero potuto far valere il loro diritto al rientro, al permesso di soggiorno, al risarcimento contro l’illegittimo trattenimento ecc.
La Questura ha rigettato la richiesta di accesso ritenendo applicabile il DM 10 Marzo 1994 numero 415, in quanto l’accesso alla documentazione avrebbe pregiudicato le relazioni internazionali e la sicurezza pubblica trattandosi di comunicazioni con uno stato estero.
Il TAR ha accolto la tesi di parte attrice ritenendo non applicabile il limite indicato laddove,“la fattispecie in esame non ricade nel concetto di “relazioni internazionali”” bensì in quello di “rapporti internazionali” che riguardano una fattispecie diversa e non coperta dal decreto indicato. Infatti nella sentenza si riporta che “come ben chiarito nella delibera ANAC n. 1309/2016, queste riguardano i rapporti intercorrenti tra Stati sovrani riguardanti non solo la politica estera di uno Stato (ovvero l’insieme dei programmi d’azione e dei comportamenti di un determinato attore internazionale nei confronti degli altri) ma anche il «sistema internazionale» nel quale operano vari attori a diversi livelli; peraltro, le “relazioni internazionali” si differenziano dai “rapporti internazionali” che sono astrattamente riferibili a singole relazioni con altri Stati, a differenza dei primi che concernono l’attività internazionale dello Stato unitariamente considerata in rapporto alle sue finalità ed al suo indirizzo. A fronte di ciò, risulta inverosimile che la corrispondenza intercorsa con uno Stato straniero finalizzato alla verifica della posizione (nel caso di specie, dell’età) di un determinato soggetto possa essere fatto rientrare nel concetto di “relazioni internazionali”, che solo avrebbe potuto giustificare l’attivazione della specifica causa di esclusione prevista dall’art. 5 bis del d.lgs n. 33 del 2013 e del DM n. 415/1994.”
Inoltre, la richiesta di accesso è direttamente funzionale all’esercizio del diritto di difesa di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 “quale espressione di un principio che fa recedere ogni limite al diritto di accesso laddove si tratti di difendere interessi giuridicamente rilevanti”.
In questo senso il TAR esclude che possa richiamarsi il limite della sicurezza pubblica in quanto “si deve trattare di atti che, servendo all’attività di contrasto al crimine e di tutela della sicurezza pubblica, non possono essere divulgati per il rischio che venga vanificata l’azione delle forze di polizia. Nel caso di specie […] non è certo la divulgazione della relativa documentazione a vanificare la strategia (di sicurezza pubblica) individuata dalle forze di polizia”.
Come a tutti è noto, la fase della identificazione è necessaria per il rimpatrio e pertanto è momento essenziale per la sua positiva conclusione. Per questo riuscire ad individuare le modalità con cui vengono effettuate le identificazioni dei cittadini stranieri trattenuti è fondamentale per contestarne la legittimità e quindi interrompere le procedure di rimpatrio o favorire il reingresso del cittadino straniero ingiustamente allontanato.
Per questo vi chiediamo di segnalare al progetto inLimine di Asgi inlimine@asgi.it procedure di identificazione condotte in modo informale, senza il contatto con le autorità dei paesi di origine o che destano dubbi sulla loro affidabilità, al fine di poter richiedere alla pubblica amministrazione quali procedure sono state seguite ed in caso contestarne la legittimità.